A gennaio su L’Architetto (il mensile del Cnappc) focus su come si comunicano progetti e costruito. Riflessioni su monografie, video, siti web e fotografia

Luciana Ravanel: raccontare l’architettura è un mestiere, con regole precise

di Paola Pierotti | pubblicato: 16/01/2015
"I progettisti devono essere consapevoli che ci sono operazioni che servono essenzialmente per alimentare l’attività dello studio e che non vale la pena divulgare certi progetti: è inconcepibile che si voglia ricorrere alla stampa con qualsiasi opera"
Luciana Ravanel
Luciana Ravanel: raccontare l’architettura è un mestiere, con regole precise
"I progettisti devono essere consapevoli che ci sono operazioni che servono essenzialmente per alimentare l’attività dello studio e che non vale la pena divulgare certi progetti: è inconcepibile che si voglia ricorrere alla stampa con qualsiasi opera"
Luciana Ravanel

Comunicare l’architettura è un mestiere. Luciana Ravanel, italiana d'origine e parigina d'adozione, non è un architetto ma un’imprenditrice che ha fatto dell'architettura di qualità e della sua comunicazione il suo business. E’ lei la figura chiave che a partire dagli anni ’70 ha portato in Francia l’architettura internazionale: Ravanel ha conosciuto il mondo dell’architettura all’interno delle istituzioni pubbliche e da oltre 15 anni guida la sua agenzia, Ante Prima, che offre servizi di consulenza a vari attori nei settori dell'architettura, dell'urbanistica e dell’ambiente. I suoi interlocutori sono committenti e progettisti, star ed emergenti.

L'intervista completa a Luciana Ravanel è pubblicata sul numero di gennaio del mensile del Consiglio Nazionale degli Architetti.

La comunicazione è un veicolo prezioso per la promozione dell’attività degli studi di architettura, Ravanel prima di altri ne ha intuito il valore. Perché?
Comunicare significa potersi esprimere, instaurare un dialogo diretto con i committenti, difendere le proprie idee. Bisogna saper comunicare a vari livelli e a diversi interlocutori: al pubblico, ai committenti, alla stampa, e bisogna essere efficaci con tutti. E’ fondamentale che i professionisti si ricordino che spesso stanno comunicando a chi non conosce bene l’architettura, pertanto non deve prevalere lo sguardo da architetti.

La comunicazione è a 360 gradi, che ruolo ha la fotografia?
Le fotografie devono essere comunicanti, pensate mettendosi nei panni del committente. Per essere chiari: le foto ‘artistiche’ spesso non sono di interesse per la stampa e offrono interpretazioni soggettive e parziali del progetto. Il reportage fotografico dell’architettura va preparato, e anche questo rientra tra le attività della comunicazione.

In Italia ci sono alcune riviste di settore che chiedono l’esclusiva per la pubblicazione di un progetto, che consiglio dà Ravanel agli architetti?
Conosco il tema: una rivista ha chiesto ad uno studio di architettura che seguiamo l’esclusività sulla carta bloccando a scala internazionale la comunicazione per 5 mesi quando l’opera era già ultimata. Personalmente sconsiglio di non cedere a questa sorta di dittatura: è un danno per la comunicazione. In queste situazioni si può negoziare, magari riservando alcune fotografie ad una testata; ma con tutte le riviste e i giornalisti che ci sono e che si interessano del tema dell’architettura non vale la pena bloccare un progetto con un vincolo di ‘esclusiva’, qualsiasi sia la testata.

Ante Prima produce anche libri di architettura. Come nasce un buon prodotto?
Realizzare un libro è come fare un film: bisogna trovare i soldi, identificare gli autori come si fa per gli attori nel cinema, scegliere il grafico, chi scrive i testi, scegliere la carta, lo stampatore: il nostro è un lavoro ancora artigianale che dà grandi soddisfazioni, stringiamo contatti con i committenti, le imprese che ci danno fiducia e ci chiedono continuamente consigli, dal primo momento alla pubblicazione finale.

Un consiglio per le riviste?
Devono scoprire i talenti: non pubblicare sempre gli stessi progettisti e gli stessi progetti. Le riviste si devono prendere dei rischi.

Fa parte della strategia di comunicazione anche decidere di non pubblicare tutto?
Oggi i giornalisti vogliono scrivere di architetture finite, questo è ovvio, ma sicuramente non sono disposti a scrivere di tutto quello che viene ultimato. Gli stessi progettisti devono essere consapevoli che ci sono operazioni che servono essenzialmente per alimentare l’attività dello studio e che non vale la pena divulgare certi progetti: è inconcepibile che si voglia ricorrere alla stampa con qualsiasi opera.

La complessità dell’architettura va semplificata e chiarita con un buon progetto di comunicazione. Qualche consiglio concreto?
La comunicazione deve essere a portate dell’interlocutore: i committenti privati ordinari guardano subito all’aspetto del business e vogliono capire attraverso i testi e le immagini come lavorano i progettisti: se privilegiano un’architettura compatta o meno, se si sanno adattare al clima, come viene organizzato il layout. Ecco perché è importante ad esempio non dimenticare di mostrare le planimetrie, chiare, quando si racconta un progetto. E non bisogna scordarsi di fare esplicito riferimento ai materiali. Gli interlocutori che pensano agli affari hanno un occhio puntato sul costo delle operazioni: il committente deve essere rassicurato fin dal primo momento e contemporaneamente deve essere stimolato con il dialogo, parte da lì un’affinità tra committente e progettista, insieme si instaura un primo discorso e si mettono le basi per una storia che sarà sviluppata poi attraverso le fasi del progetto.

Si legga l'articolo integrale su L'Architetto di gennaio

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Tag: cultura
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