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La formazione con il Maestro raccontata da Francesco Fresa, Germán Fuenmayor, Gino Garbellini e Monica Tricario

Intelligenza dell’uomo e l’esperienza di bottega. I soci Piuarch ricordano Gregotti

di Paola Pierotti | pubblicato: 15/03/2020
"Abbiamo imparato a saper cogliere le differenze e i diversi punti di vista, considerando le opportunità degli stimoli creativi anziché vedere i vincoli che ostacolano la creatività stessa"
Monica Tricario
Intelligenza dell’uomo e l’esperienza di bottega. I soci Piuarch ricordano Gregotti
"Abbiamo imparato a saper cogliere le differenze e i diversi punti di vista, considerando le opportunità degli stimoli creativi anziché vedere i vincoli che ostacolano la creatività stessa"
Monica Tricario

Si è spento a Milano, all’età di 92 anni, l’architetto Vittorio Gregotti. La notizia è corsa rapidamente sui social la mattina di domenica 15 marzo, nei giorni del picco del Coronavirus: se ne va così silenziosamente anche un maestro dell’architettura internazionale. A ricordarlo tra gli altri sono Francesco Fresa, Germán Fuenmayor, Gino Garbellini e Monica Tricario che nel 1996 hanno fondato lo studio Piuarch dopo un’esperienza comune proprio nello studio Gregotti.

“La prima parola che mi viene in mente pensando a lui è intelligenza. Era estremamente intelligente e con una cultura vastissima. Acuto, arguto, anche spigoloso – racconta Monica Tricario - ma altrettanto coerente nel suo modo di essere. Io ho lavorato per lui per 8 anni, iniziando subito dopo la laurea. Sono entrata nello studio quando era uno dei più grandi d’Italia. Eravamo una sessantina di persone, siamo arrivati anche ad un’ottantina”. Quello dello studio Gregotti era un mondo interdisciplinare: “nel suo studio – raccontano i colleghi di Piuarch - c’era l’architettura, l’urbanistica, la grafica con Pierluigi Cerri, il suo studio era popolato da tante persone che sono diventati via via degli amici, al punto che ancora oggi ci si confronta”.

Per Monica Tricario quello che è stato fondamentale poi per il suo futuro professionale “è stato il modo di fare architettura, con un particolare approccio al progetto che prevedeva un’analisi attenta del contesto nel quale il progetto si inserisce. Abbiamo imparato un metodo che ancora oggi noi quattro soci di Piuarch osserviamo perchè lo riteniamo sempre valido”. In sintesi? “Bisogna essere consapevoli della struttura dei luoghi nei quali si va a lavorare: struttura fisica, morfologica e artistica, che poi rientreranno nel progetto. Questo concetto unito alla capacità di saper cogliere le differenze e i diversi punti di vista, considerando le opportunità degli stimoli creativi anziché vedere i vincoli che ostacolano la creatività stessa”.

“Mi rimane di Vittorio Gregotti l'idea della bottega, intesa come nel Rinascimento, luogo dove s'imparava sotto la guida del Maestro. Nel suo studio di via Bandello – racconta Germán Fuenmayor - siamo diventati una comunità che imparava i segreti del mestiere e allo stesso tempo imparava il valore della pluralità di pensiero nell'architettura. Questa idea corale del fare architettura è stata per me la più grande lezione del Maestro Gregotti, ed è uno degli elementi fondanti di Piuarch”.

Tornando indietro con i ricordi, Gino Garbellini ricorda “l’energia che si respirava in quegli anni. Quando siamo entrati nello studio di Vittorio Gregotti – dice Garbellini - lui aveva poco più dei nostri anni attuali. C’era un’energia incredibile, palpabile, non c’era sicuramente lo smart working e nemmeno i computer: si lavorava seduti intorno a grandi tavoli in legno. Quella stessa vitalità e forza, legata al valore dell’architettura, contiamo di farla rivivere e respirare trent’anni dopo, nel nostro studio, come sua diretta eredità”.

“Gregotti è stato senza dubbio per me un maestro negli anni della formazione. La pratica dell’architettura come “mestiere”, accompagnata ad un forte senso teorico ed etico del ruolo dell’architettura sono insegnamenti che hanno segnato molti di noi. Basta rileggere alcuni dei saggi scritti da Gregotti – racconta Francesco Fresa - per rendersi conto di quanto le sue riflessioni siano oggi ancora profondamente vive. Oggi ho ripreso in mano “Il territorio dell’architettura” scritto nel ‘66: sempre attuale l’idea di contesto e di un’architettura legata alla cultura e alla storia di un luogo. E anche la capacità di guardare le cose con una “distanza critica” rappresentano oggi più che mai una lucida analisi di fronte ad una architettura sempre più attenta alla forma. Credo che l’eredità di Gregotti sia di essere stato capace di coniugare la riflessione teorica e critica al fare architettura, e ciò lo rende senza dubbio uno dei pochi maestri dell’architettura di questi ultimi decenni”.

I soci dello studio Piuarch ricordano una citazione di Adorno che Vittorio Gregotti amava ripetere, “un'architettura degna dell'uomo ha degli uomini e della società un'opinione migliore di quella che corrisponde al loro stato reale”, volendo riaffermare quindi il ruolo centrale che l'architettura ha nella nostra società. Un messaggio anche per le future generazioni teso a legare la solida base teoria con l’impegno professionale, per un’architettura capace di rinnovarsi in ogni progetto.

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