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Più investimenti per ridurre rischi legati a sicurezza, aumentare benessere lavoratori e studenti e stimolare l’economia

La Fondazione Agnelli boccia l’edilizia scolastica italiana

di Francesco Fantera | pubblicato: 28/11/2019
«Fondamentale programmare e agire su tre dimensioni: sicurezza, sostenibilità ed orientamento all’innovazione didattica»
Andrea Gavosto
La Fondazione Agnelli boccia l’edilizia scolastica italiana
«Fondamentale programmare e agire su tre dimensioni: sicurezza, sostenibilità ed orientamento all’innovazione didattica»
Andrea Gavosto

«Gli edifici scolastici italiani non sono più adeguati né come strutture fisiche, né come spazi per una buona didattica». Ad esprimere questo giudizio è la Fondazione Agnelli che lo ha scritto nero su bianco nel report sullo stato di salute dell’edilizia scolastica nel Belpaese. Nel documento, edito da Laterza, si indicano i problemi cronici del presente e quelli del prossimo futuro, sottolineando però come siano numerose le opportunità per il sistema economico nazionale che deriverebbero da un approccio sistemico, e non episodico, di rigenerazione.

Un concetto, questo, quasi scontato se si parte dai numeri riferiti al parco immobiliare attuale. In Italia abbiamo 44mila edifici scolastici attivi corrispondenti a circa 150milioni di mq. Secondo un calcolo effettuato dalla Fondazione basato sul costo della riqualificazione della scuola Fermi di Torino (1.350 euro al mq), operazione avviata grazie al progetto “Torino fa scuola”, servirebbero non meno di 200 miliardi per ammodernare tutte le strutture. Una cifra pari oltre il 11% del PIL, equivalente a tre anni dell’attuale spesa complessiva per l’istruzione. «Fra gli investimenti pubblici in infrastrutture – ha ricordato Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli – quelli sull’edilizia scolastica devono assumere un ruolo centrale. Sarà fondamentale programmare e agire su tre dimensioni: sicurezza, sostenibilità ed orientamento all’innovazione didattica. E attenzione, la terza dimensione è importante come le altre due. Sappiamo infatti che gli spazi dedicati all’istruzione, per come sono progettati e costruiti, rappresentano oggi un fattore chiave per l’apprendimento e il benessere di studenti e insegnanti».

Il report individua diverse criticità dividendole in macro-aree. Si parte da un dato: l’età media degli edifici scolastici è di 52 anni, con due su tre che risalgono a più di 40 anni fa. Trattandosi di manufatti figli della forte crescita demografica che ha caratterizzato il periodo successivo al baby boom, anche nelle realizzazioni migliori gli spazi risultano oggi troppo rigidi, eredi di una didattica di tipo tradizionale che mal si adatta alle opportunità proprie dell’epoca digitale. Inoltre, poiché realizzate in un periodo in cui si puntava più sulla quantità che sulla qualità del costruito, le scuole presentano numerosi problemi per quanto riguarda la sicurezza e l’accessibilità. Carenze individuate anche sotto il profilo della sostenibilità e dell’efficienza energetica, con effetti diretti sui costi di manutenzione. Secondo quanto riferito nel rapporto, se considerati nell’arco di un decennio gli investimenti ambientali sarebbero in grado di abbattere di un terzo i consumi termici, della metà quelli per l’energia elettrica e di un quinto l’utilizzo di acqua.

Sfide e opportunità. Nel prossimo futuro l’Italia si dovrà relazionare con un ulteriore invecchiamento dei suoi edifici scolastici che, in buona parte, entreranno in una fase critica andando a influire negativamente su efficacia della didattica e sicurezza di lavoratori e studenti. Combinando questo dato con le tendenze demografiche in atto, nel 2030 il nostro Paese avrà 1,1milioni di studenti in meno rispetto ad oggi. Un fattore importante che rende chiaro come l’obiettivo debba essere quello di avviare una stagione di riqualificazione e non di nuovo costruito. Come sottolineato da Olivier Blanchard, professore di economia al MIT (Massachusetts Institute of Technology), in una fase di stagnazione strutturale come quella odierna, la strada maestra per far ripartire la crescita sia quella degli investimenti pubblici. Un investimento in questo senso consentirebbe di innalzare la produttività del sistema economico e favorire il benessere delle future generazioni, ma non solo. Determinerebbe una ricaduta positiva immediata sull’occupazione anche nelle regioni più svantaggiate e aiuterebbe l’adozione di soluzioni tecnologiche innovative.

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Tag: città; formazione; spazi pubblici
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