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Quando il partenariato pubblico-privato è la leva per riattivare pezzi di città

Da Milano a Prato, a Verona, da Ancona a Bolzano, 5 declinazioni di sostenibilità

di Francesca Fradelloni | pubblicato: 24/11/2020
«Uno dei fronti principali è certo quello delle parti di città che, avendo perso da tempo l’originaria funzione, versano in stato di abbandono, poi ci sono quelle zone urbane che, pur conservando viva l’originaria funzione, hanno un tessuto urbanistico di scadente qualità, con edifici obsoleti ed una struttura urbanistica inadeguata»
Stefano Stanghellini
Da Milano a Prato, a Verona, da Ancona a Bolzano, 5 declinazioni di sostenibilità
«Uno dei fronti principali è certo quello delle parti di città che, avendo perso da tempo l’originaria funzione, versano in stato di abbandono, poi ci sono quelle zone urbane che, pur conservando viva l’originaria funzione, hanno un tessuto urbanistico di scadente qualità, con edifici obsoleti ed una struttura urbanistica inadeguata»
Stefano Stanghellini

Porti, quartieri, centri storici, vecchie ferrovie, aree dismesse, sono tutti gli ambiti di intervento dove si ridisegnano i luoghi per progettare città più vivibili. Milano, Prato, Ancona, Verona e Bolzano, sono “pezzi” d’Italia in trasformazione che hanno fatto di più di un cambio di maquillage, che si stanno impegnando a narrare un nuovo storytelling al passo con le nuove esigenze di vita degli abitanti. Nell’appuntamento in streaming, “Idee e progetti per riqualificare parti di città” all’interno del programma di Urbanpromo, la manifestazione organizzata dall'Istituto Nazionale di Urbanistica e da Urbit, tante le storie di riqualificazione urbana, una sfida che viene affrontata con approcci molto diversificati. 

«Uno dei fronti principali è certo quello delle parti di città che, avendo perso da tempo l’originaria funzione, versano in stato di abbandono – racconta Stefano Stanghellini, presidente URBIT – poi ci sono quelle zone urbane che, pur conservando viva l’originaria funzione, hanno un tessuto urbanistico di scadente qualità, con edifici obsoleti ed una struttura urbanistica inadeguata».
L’ampiezza delle aree, la dimensione dell’investimento da attivare, e tanti altri specifici aspetti, creano un inedito mix di condizioni che impone, ogni volta, la ricerca di soluzioni diverse e spesso, innovative. Proprio innovazione è la parola cardine, e ha a che fare con una pluralità di contenuti. Sia la visione strategica che le nuove funzioni da insediare o quelle originarie da ripensare, ma anche l’interpretazione della domanda sociale, il contenuto e la forma del progetto urbano, fino alla strutturazione gestionale e finanziaria dell’operazione in genere basata sul partenariato pubblico-privato, sono gli strumenti da mettere in campo. E questa condivisione, tra le più diverse e stimolanti progettualità ideate per le città italiane si prefigge più obiettivi: valorizzare le esperienze di punta e fare conoscere i loro protagonisti, alimentare nuovi contenuti il dibattito urbanistico, divulgare le buone pratiche e stimolare comportamenti emulativi. 

Come il caso del quartiere di San Siro di Milano. «Un percorso virtuoso per poter permettere alla pubblica amministrazione interventi di edilizia residenziale a costo zero è l’esperienza della riqualificazione del quartiere dove sorgeva l’ex Fiera», racconta Massimo Roj, fondatore e Ad dello studio Progetto CMR, che insieme a Giovanni Verga, già assessore e presidente Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano, sta lavorando a un nuovo San Siro. Più legame con il centro, meno case popolari, più edifici alti circondati dal verde: è in sintesi l'idea per questa Milano in evoluzione. I due professionisti hanno presentato pochi mesi fa al Comune, il loro progetto. «La nostra idea - ha spiegato Roj - si inserirebbe in quelle che sono le linee guida del Pgt». In particolare, lo studio è stato concentrato nel quadrilatero di Segesta, accanto agli edifici popolari di piazzale Selinunte dove le criticità principali sono la carenza di servizi e di aree verdi e il degrado edilizio e sociale. È una zona monofunzionale, di sole case. «L’intento invece sarebbe quello di densificare, diversificando le funzioni - ha spiegato Roj -. Si tratta comunque di un'area collegata grazie al trasporto pubblico con il resto della città». Il progetto, nel dettaglio, prevede di trasformare il quartiere, densificando verso l'alto, risparmiare consumo di suolo per ricavare nuovi spazi verdi comuni e più servizi, come scuole e strutture sanitarie. Accessibilità, trasformazione dei vuoti urbani, riqualificazione del tessuto urbano ed edilizia sociale (città più equa con un affitto sociale), valorizzazione dei piani terra, sono le linee guida. Più nello specifico: «Il quadrilatero Segesta verrebbe riqualificato, demolendo il costruito esistente per ricostruire, sostituendo agli edifici attuali, dei nuclei che si sviluppano in altezza. In questo modo si decuplica il verde che da 9.200 mq passerebbe a 100mila metri quadri», ha sottolineato l’architetto milanese. A San Siro la plus valenza è notevole, questo quartiere è distante a 700 metri da City Life, vivrà una rinascita con la trasformazione dello stadio. Un’area con un mix funzionale, un distretto-città, a misura dei “15 minuti”

Oggi è anche tempo dove pianificazione urbana, ambientale e sanitaria si incontrano. È il caso di Prato in cui si è fatta una scelta molto “forte”: Urban Jungle. Un progetto ricco di nuovi paradigmi urbani. Il lavoro fatto dal 2014 al 2019 è stato improntato sul social housing, sulla riqualificazione urbana e sulla rimodulazione delle collaborazioni tra pubblico e privato. «Nell’ambito del piano operativo comunale si è portata avanti una pianificazione con approccio collaborativo e partecipativo», racconta Valerio Barberis, assessore all’Urbanistica del Comune di Prato. Quando l’agenda ambientale si è rivelata urgente, il Comune di Prato non si è tirato indietro. La natura è diventata un elemento attivo di resilienza urbana. La domanda che ci siamo fatti è: come la città ha rilevanza dal punto di vista ecologico? Come le città da problema possono diventare “la soluzione dei problemi ambientali ed ecosistemici”? Da questi interrogativi è nato il progetto della “giungla urbana”. La città viene ricondotta ad un network integrato tra le sue aree verdi e il costruito. La natura è uno strumento attivo per la salvaguardia della salute dei cittadini. Così la città di Prato si è trovata al centro dell’innovazione e dell’ambiente, stabilendo un nuovo equilibrio nel rapporto tra lo spazio abitato e la natura vivente attraverso processi di ri-naturalizzazione del territorio urbano: la “giungla” diventa una vera e propria colonizzazione verde degli spazi collettivi, diventando parte integrante della vita quotidiana. Le urban jungles invertono il paradigma in cui è l’elemento costruito a prevalere, generando delle zone ad alta intensità di verde, attraverso l’introduzione di alberi e piante sulle facciate e sulle coperture degli edifici esistenti. L’intervento vede la partecipazione di Stefano Boeri Architetti e Stefano Mancuso che mettono in atto diverse scale di interventi di “forestazione urbana” per migliorare radicalmente la qualità sociale ed ambientale del contesto urbano, attraverso la combinazione di tecnologie a base naturale negli spazi aperti e nelle facciate. 

Si parla, invece di una città di mare, costruita intorno al porto, quando si parla di Ancona. «Noi abbiamo lavorato per ricucire il rapporto tra la città con il suo mare, con la sua cultura. Un modo per riprendere la nostra identità», racconta Ida Simonella, assessora al Porto, alla Mobilità e alle Finanze del Comune di Ancona. Per anni il porto era off limits per la cittadinanza. Il suo waterfront era interdetto anche fisicamente, diviso da reti che circondavano le banchine del porto. «Tutto questo “limitare” per anni e anni ha impedito alla popolazione di vivere uno dei suoi “spazi del cuore”. Una zona, quella del porto, che è legata alla parte storica della città, e che quindi si porta dietro tutta una narrazione di un vissuto. Abbiamo sanato questa frattura e lo abbiamo fatto collaborando, per esempio tra Comune e Autorità portuale. Nel 2015 abbiamo aperto il porto, oggi lavoriamo ancora per ricucirlo al territorio ed è partito il nuovo progetto per il waterfront: cantieri aperti per rifare l’illuminazione. Vogliamo fare entrare la luce a questa nuova storia della città», conclude la Simonella.

E a Verona è, invece, iniziata l’era della nuova “Zai Life”. L’assessora all’Urbanistica, Ilaria Segala, ha presentato le ultime novità sul progetto di recupero e riuso dell’area dell’ex Manifattura Tabacchi, non lontano dalla Fiera. Un progetto che prevede la rigenerazione dell’ex complesso industriale, Zai appunto, con nuovi edifici moderni dalle facciate in vetro e acciaio e prati erbosi sui tetti. Al suo interno è compresa la variazione del tracciato del filobus che potrà correre direttamente su viale del Lavoro, grazie alla cessione al Comune di una “fascia” di quell’area. «Per la zona che da viale Piave arriva alla Fiera, sarà l’avvio di una riqualificazione che, da qui ai prossimi anni, interesserà tutta l’area di Verona Sud, dando vita appunto a quella che chiamiamo “la Zai Life», racconta la Segala. Dal recupero dell’ex Manifattura dipende anche lo sviluppo della Fiera, che avrà a disposizione nuovi parcheggi e servizi dedicati, oltre ad una riqualificazione delle aree esterne che, con camminamenti e percorsi ad hoc, creeranno un tutt’uno tra i due poli. 
Complessivamente, è prevista la costruzione di 37.400 metri quadrati di edifici, rispetto ai 55mila attuali, così distribuiti: 7.700 commerciali (dimezzati rispetto all’ipotesi precedente), 11mila produttivo-direzionali e 18.700 metri quadri riservati al turistico-ricettivo, con la creazione di due hotel, uno di lusso, l’altro del tipo student hotel. Spazio anche all’architettura contemporanea: il progetto è stato affidato infatti allo studio di architettura norvegese Snøhetta. Non più luoghi chiusi, ma collegati al contesto, vivibili alla cittadinanza. 

Renzo Caramaschi, sindaco di Bolzano, ha raccontato del piano di recupero di oltre 40 ettari di proprietà delle Ferrovie, con l’ammodernamento della stazione e la riqualificazione di un fascio di binari che dovrebbe riequilibrare la città di Bolzano. «Il futuro del processo di sviluppo delle città passa attraverso il coinvolgimento dei privati, soprattutto ora che con la pandemia le amministrazioni hanno meno fondi e liquidi a disposizione», precisa Camaraschi. Sulle aree liberate dai binari nascerà un nuovo quartiere cittadino (impostato con il masterplan per l’areale di Bolzano, Arbo): 1,2 milioni di metri cubi fra edifici residenziali, direzionali, commerciali e strutture pubbliche (stazione delle autocorriere, centro per la mobilità intermodale, centro culturale, piscina coperta, edilizia, aree verdi e spazi pubblici). Tutte grandi esperienze di collaborazione per avere una idea di città disegnata per i cittadini.

In copertina: Ex Manifattura Tabacchi, Verona

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Tag: città
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