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Marco Aimetti (Cnappc) e Gianni Massa (Cni) commentano l’annunciato flop del progetto Arup e Foster

In soffitta il progetto dell’Av di Firenze? Appello di Architetti e Ingegneri per una cultura del fare

di Paola Pierotti | pubblicato: 05/08/2016
"Bisogna riappropriarsi del bello e della creatività ribellandosi a sistemi e regolamenti da usare come semplici manuali. Il progetto deve tornare ad essere il filo che collega l'utopia alla realtà"
Gianni Massa
In soffitta il progetto dell’Av di Firenze? Appello di Architetti e Ingegneri per una cultura del fare
"Bisogna riappropriarsi del bello e della creatività ribellandosi a sistemi e regolamenti da usare come semplici manuali. Il progetto deve tornare ad essere il filo che collega l'utopia alla realtà"
Gianni Massa

La nuova stazione dell’AV di Firenze è legata ad un filo: il progetto, aggiudicato ad Arup e Foster attraverso un concorso internazionale e appaltato, è a rischio. La stampa locale ha riportato di alcuni incontri tra le Ferrovie e gli enti locali ma bisogna attendere settembre per una voce ufficiale e definitiva su una trafila che per ora sembra veder finire in un cassetto il progetto avveniristico della cordata internazionale. Dopo anni di studio per identificare il tracciato, dopo la gara con un brief condiviso, dopo l’impegno di molti studi di progettazione che hanno gareggiato per contendersi l’incarico, e ancora dopo tutti gli anni di impegno per affinare il progetto e portarlo al cantiere, con un colpo di spugna si potrebbe chiudere un capitolo che preoccupa chi nel nostro Paese ha piena fiducia nella centralità del progetto.

Architetti e ingegneri hanno reagito alla notizia trapelata dalla stampa, sollevando un problema di cultura. “Troppo spesso in Italia si pagano grandi errori in fase di programmazione. Concorso nel 2002 e aggiudicazione nel 2005: avrebbe avuto un percorso anche rapido per la media italiana quello della nuova stazione di Firenze – spiega Marco Aimetti, ex presidente degli architetti di Torino e attualmente consigliere del Cnappc –. Il rallentamento e l’annunciato annullamento non si spiegano, o quantomeno, se fossero notizie confermate, sono segnali molto preoccupanti e significativi di un problema più generale. Si ricordando altri casi come la biblioteca di Torino di Mario Bellini, non appaltata ma progettata e pagata al progettista, congelata poi per procedere con altre scelte di localizzazione lasciando in quell’area un prato verde e un altro concorso di architettura rimasto sulla carta”. Il lungo elenco di concorsi-flop fa dubitare sull’efficacia di uno strumento “che per molti è solo un potente veicolo per la comunicazione.
Nel caso di Firenze, come in quello di Torino, la questione dell’eccessivo costo dell’opera è stata sollevata dopo anni. Troppo spesso – dice Aimetti – il concorso viene considerato come una carissima operazione di marketing, senza alcun impegno a realizzare l’opera”. È inevitabile che se questo si conferma un trend, i grandi studi non guarderanno all’Italia come un’opportunità su cui investire. “Un danno grave - commenta l’architetto torinese - si deve ripensare al concorso con modalità diverse, più snelle e veloci nella prima fase, più approfondite e vincolanti nella seconda dove ai progettisti vanno garantiti adeguati rimborsi spese e la sicurezza, se vinceranno, dell’incarico di progettazione. Perché questo avvenga – sottolinea Aimetti - ci vuole più programmazione, più velocità nelle decisioni e soprattutto una maggiore consapevolezza che i tempi e il denaro impegnati per la definizione di un buon progetto sono spesi bene e sono fondamentali per la buona riuscita dell’operazione. È una questione di cultura e civiltà”.

Gli Architetti, pur esprimendo un giudizio critico sul nuovo Codice degli Appalti, accolgono con favore la maggiore attenzione che viene posta sul concorso di architettura come strumento di assegnazione degli incarichi di progettazione. Il codice infatti prevede, per la progettazione di opere di rilievo solamente due alternative: la progettazione interna alla PA (qualora ci siano le competenze e capacità) o il concorso. “Una doppia scelta, onestamente un po’ singolare nella sua logica, ma che esclude l’affidamento attraverso bando. Speriamo sia l’inizio di una stagione di concorsi – commenta Aimetti – che partono da un’attenta programmazione e con un buon budget, altrimenti meglio non farli”.

Sulla stessa linea gli Ingegneri. Gianni Massa, vice-presidente del Cni, ribadisce l'importanza della "terzietà" del progetto rispetto a committente e impresa. Ingegnere e architetto cagliaritano, Massa ricorda un’esperienza personale da progettista vincitore di un concorso Qualità Italia con Sensi Contemporanei per il nuovo centro intermodale di Oristano: “il progetto è fermo al preliminare dal 2009, dopo un concorso internazionale pagato con soldi pubblici. Per realizzare un buon prodotto ogni attore deve sapersi prendere le proprie responsabilità. A partire dai RUP – dice Massa - che devono essere consapevoli del ruolo di coordinamento e di guida del procedimento, del fatto che ogni progetto è sintesi di complessità (tecnica, scientifica, amministrativa, sociale, culturale, identitaria ...) al di là di una lettura "ordinaria" delle norme. Più in generale bisogna lavorare per una crescita della cultura tecnica e umanistica che devono tornare ad essere un riferimento per il futuro del nostro Paese e per la costruzione di una classe politica più consapevole.

Credo fermamente nella necessità di sovrapposizione dei linguaggi, della ricerca di linguaggi plurali e condivisi al di là delle parole e dei proclami” e il riferimento è diretto all’iniziativa Scintille.

Le professioni e i professionisti devono contrastare chi non si assume le proprie responsabilità, chi blocca, chi non si fa parte attiva. È la linea condivisa da Architetti e Ingegneri.

Gianni Massa coglie l’occasione della storia di Firenze per lanciare un’iniziativa che dovrà coinvolgere le professioni tecniche, “finalizzata a promuovere una nuova cultura del fare, con un’attenta comunicazione e monitoraggio di progetti e opere. Ci sono storie che non passano sulle bacheche dei social e che dovrebbero riempire quotidianamente anche il tavolo del premier: la stazione dell’Alta velocità di Firenze è un’opera per la città, ma è anche un biglietto da visita per l’Italia. Non si possono non valutare seriamente questi cambi di rotta, con conseguenze dirette sulla qualità del progetto e dei professionisti e sulla credibilità dell’intera categoria di tecnici e del Paese intero. Il Betile in Sardegna, l'idea (al di là della visione politica e del futuro di una intera regione) di un museo che interpretasse e sovrapponesse l'arte nuragica e l'arte contemporanea, che fine ha fatto dopo il concorso internazionale vinto da Zaha Hadid? E' ovvio che ci sia un cortocircuito nel nostro apparato normativo e, purtroppo in quello culturale, che ha condotto a questo punto. Un punto in cui velocità e superficialità rischiano di divenire termini inscindibili”.

In un Paese dove pensiamo che per fare un buon progetto bisogna dimostrare il fatturato, è arrivato il momento che la cultura italiana, tecnica e umanistica, ricostruisca un percorso che oggi sarebbe “rivoluzionario”. “Bisogna riappropriarsi – Massa cita Gabriele Del Mese che su ppan.it ha scritto per primo della questione dell’Alta Velocità di Firenze - del bello e della creatività ribellandosi a sistemi e regolamenti da usare come semplici manuali. Il progetto deve tornare ad essere il filo che collega l'utopia alla realtà, il senso della possibilità con il senso della realtà (e non il risultato della somma di risposte ad obblighi di norma). E questo non può essere delegato alla politica. Ritorniamo a discutere, a partecipare, ad animarci per ciò in cui crediamo per provare a costruire, umilmente, un nuovo rinascimento culturale”.

Secondo i quotidiani locali, le Ferrovie da parecchio tempo sono al lavoro con professionisti interni al gruppo Rfi per elaborare un nuovo progetto. Si cambierebbe il tracciato, risparmiando su tutti i fronti e mandando in soffitta la soluzione Arup-Foster. Sono stati contattati i progettisti aggiudicatari per chiedere una proposta alternativa, anche a titolo di risarcimento? Come comunicare fiducia nel sistema dei concorsi a fronte di un ennesimo flop dove i progetti si fermano sulla carta? E ancora, perché appena si decide di realizzare un’opera com’è un’infrastruttura tutti scendono in piazza per difendere un No, e non s’è mai visto un comitato a sostegno di un buon progetto, quando qualcuno dall’alto decide di bloccare l'opera? Domande che attendono risposte.

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Tag: trasporti
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