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Tutti pronti per lo smart working. Preoccupazione per la situazione finanziaria all’orizzonte

Gli studi di progettazione raccontano come si lavora nei giorni del Coronavirus

di Paola Pierotti | pubblicato: 10/03/2020
Gli studi di progettazione raccontano come si lavora nei giorni del Coronavirus

«Ieri all’Ordine è stata una giornata molto impegnativa: tanta incertezza e tanti dubbi di tutti gli iscritti che ci chiamavano per avere chiarimenti e rassicurazioni. Sarebbe importante avere indicazioni precise su alcuni temi, per esempio sull’apertura dei cantieri. Confido che i prefetti diano presto indicazioni chiare e omogenee in questo senso. Tutti i colleghi che seguono la sicurezza nei cantieri e la direzione lavori sono in grande difficoltà. Noi stiamo raccogliendo le domande più frequenti e preparando le risposte con i nostri consulenti ed esperti per pubblicarli sulla piattaforma dimmi». Paolo Mazzoleni, presidente dell’Ordine degli Architetti di Milano commenta a caldo la situazione dei professionisti milanesi, tra i primi colpiti dalle misure ristrettive a causa del Coronavirus, ampliate nella notte del 9 marzo a tutto il Paese. E l’Ordine meneghino, come molti altri del Paese è al lavoro in queste ore per raccogliere tutte le informazioni utili per offrire un servizio ai propri iscritti. Il virus che ha colpito il Paese ha conseguenze inevitabili sul mondo delle professioni, compreso quello della progettazione.

«La nostra attività strettamente professionale è anche gestibile con lo smart working. Anche se non vanno dimenticate questioni legate alle macchine, ai portatili da lasciare alle persone, alle licenze dei software: ci sono delle complessità che non sono secondarie. Il telelavoro può essere usato – racconta Francesca Federzoni, presidente di Politecnica – ma anche per società già rodate come le nostre non ci si organizza in 24 ore, pur con l’impegno costante nell’anticipare i tempi. Il tema drammatico è che si stanno bloccando i cantieri e con questo blocco ci aspettiamo delle ricadute. Società come la nostra Politecnica – spiega la Federzoni – che è arrivata al 2020 con i conti a posto, irrobustiti, con un ottimo mercato, veramente in forma, guarda con incertezza al prossimo futuro: diventa molto difficile pensare di poter resistere finanziariamente per molti mesi». Servirà un’azione da parte delle associazioni di categoria. Tra l’8 e il 9 marzo si è discusso sul tema della quarantena per chi si dovesse spostare da una zona rossa all’altra, dal 10 marzo tutto il Paese è uguale. «Caos nel caos. Nei prossimi mesi bisognerà capire come gestire le tasse e soprattutto riuscire a non crollare sul fronte finanziario. La mia vera preoccupazione è il blocco delle attività produttive reali e quindi si intravede un problema finanziario serio». Politecnica come altre realtà del Paese ha vissuto il terremoto recente, resta l’ottimismo nel far fronte anche al Coronavirus, «però il caos comunicativo – commenta la Federzoni – non aiuta».

I primi a prendere le contro-misure sono stati gli studi lombardi. Ufficio aperto o comunque presidiato per Park Associati. «Smart working – raccontano dallo studio guidato da Filippo Pagliani e Michele Rossi – significa mettere a disposizione tutti i mezzi dello studio per dare la possibilità ai collaboratori di lavorare da casa: programmi, mail, organizzazione e-meeting ecc, salvo casi eccezionali. In questo momento di emergenza lo smart working è soprattutto un’opportunità perché permette ai team di proseguire il lavoro che in caso contrario sarebbe abbastanza bloccato. Non solo, è un modo per provare nuove forme di comunicazione e lasciare più spazio all’autonomia/indipendenza dei singoli, che può portare anche a risultati inattesi. Qualche ricaduta sui cantieri e sull’avanzamento delle fasi di lavoro, e quindi di contratto, ci sono sicuramente, ma per ora sono limitate».

Tutti i project leader di Piuarch sono in studio e ciascuno di loro coordina il proprio gruppo di lavoro che è a casa. «Abbiamo fatto smontare i computer che sono stati ri-installati in ogni abitazione – racconta Francesco Fresa, uno dei soci Piuarch – anche per tutelarsi in tema di licenze. Il problema rimane il tema dell’accesso al server che stiamo risolvendo. Rimane che per fare fronte al momento di emergenza ancora una volta dobbiamo re-investire per correre ai ripari. Gran parte delle società con cui lavoriamo – aggiunge Fresa - hanno attivato da settimane lo smart working e attraverso il sistema delle teleconferenze chiedono risultati senza alcuna variazione rispetto al preallarme Covid19. È sicuramente un’occasione per organizzare diversamente il lavoro: evidenziamo che il processo delle decisioni è molto più rapido». Rimane che oggi va garantita l’efficienza e per il domani la questione si sposta sul tema finanzario. «Il calo dell’efficienza si paga nella produttività e non ce lo possiamo permettere – dice Fresa – sul fronte economico, facendo due conti, la prospettiva più ottimistica è di riuscire ad arrivare a settembre senza perdite, pagando tutti, sperando che dall’autunno ci sia la ripresa».

Ufficio aperti, ma virtualmente a Brescia. «DVA ha aderito alle raccomandazioni delle autorità per il contenimento della diffusione del contagio del virus. Se l’unico modo per combatterlo è limitarne la diffusione, anche noi diamo il nostro contributo, favorendo nuove modalità di scambio delle informazioni e sfruttando al meglio tutti gli strumenti digitali che abbiamo a disposizione». Armando Casella, partner dello studio bresciano racconta che lo staff ha iniziato a collaborare a distanza, suddiviso per gruppi di lavoro e utilizzando chat e video call per le riunioni interne. «Il flusso di lavoro BIM, già ampiamente testato in termini di collaborazione tra i progettisti – ricordando quindi la specificità dello studio che investe sul tema della digitalizzazione – riduce al minimo i disagi per lo sviluppo a distanza dei progetti. Vinto l’imbarazzo di non avere a fianco il collega con cui si sta lavorando e risolto il problema di una connessione internet non troppo performante, lo smart working è una grande opportunità, per ridurre costi, impatti ambientali e rischi connessi agli spostamenti fisici delle persone». Non solo, ragionando con ottimismo può essere «anche una grande opportunità per testare strumenti e metodi in vista di un processo di internazionalizzazione che abbiamo intenzione di iniziare al più presto». Ricadute sui cantieri? «È presto per dirlo, chiaro che se i cantieri dovessero chiudere alcuni dei nostri contratti di assistenza alle imprese ne risentirebbero. Ma non è il momento della paura, dobbiamo rimboccarci le maniche e trarre da questa esperienza tutto ciò che di buono possiamo imparare, per investirlo da subito in termini di miglioramento della nostra professione».

Aperto anche lo studio veneto C+S Architects. «Da circa quattro anni – racconta Alessandra Segantini, partner C+S –, abbiamo un ufficio virtuale che ci permette di lavorare ed essere connessi alla struttura da qualunque parte siamo. Utilizziamo il software Zoom sia per i meeting interni (tutti siamo sempre connessi alla piattaforma virtuale), che per i meeting con i clienti e i consulenti creando meeting specifici. Zoom – spiega – ci permette anche di visitare i cantieri e prendere decisioni che necessitano della nostra presenza spesso senza dover prendere un aereo. La piattaforma permette di condividere disegni, fare annotazioni, registrare i meeting, condividere lo sviluppo di un progetto in tempo reale. Nella triste situazione del Coronavirus, lo smart working è un modo per continuare a condividere idee, progetti, esperienze e sensazioni, per restare uniti anche se lontani fisicamente».

«Già da alcune settimane abbiamo adottato tutte le indicazioni e le precauzioni definite dal Ministero e da tutti gli organi competenti» racconta Alfonso Femia raccontando la sua esperienza con i tre atelier Atelier(s) Alfonso Femia, a Genova, Milano e Parigi. «Allo stesso tempo da oltre 15 anni la filosofia e l’organizzazione dello studio è stata impostata sullo smart working, e su un dialogo (imposto anche dalla struttura su tre città) che avviene spesso tramite connessioni digitali (Skype, conference call, WhatsApp) ovvero su una modalità che non necessariamente deve prevedere la presenza in studio, né fissa né continuativa di tutte le risorse, ma segue le esigenze dei progetti, con confronti e riunioni operative necessari». Ricadute sui cantieri? «Ad oggi non sono definibili se non per alcuni progetti importanti internazionali dove si sta valutando di non fermare la progettazione, ma soltanto di rallentare o di trovare le modalità per non fermare l’iter avviato dopo anni, essendo importanti investimenti di soggetti quotati in borsa. In Italia i progetti in corso procedono senza particolari problematiche, per ora. In Francia attualmente tutto procede e in questo mese consegniamo alcuni nuovi progetti e avviamo un nuovo cantiere a Parigi che per ora non prevede spostamenti o altro. Sicuramente comunque sarà un’onda lunga quello che sta succedendo e non potrà non avere degli impatti».

Arup Italia racconta che già a dicembre aveva adottato alcune iniziative per far fronte alle direttive sul Lavoro Agile, incentivando lo staff a lavorare da casa una volta alla settimana. «Era una misura volta a garantire il benessere del team – racconta Mauro Oliveri, AD Arup Italia – e ad aggiornarsi in un’ottica di work-life balance: già a gennaio, il 75% dello staff aveva quindi la possibilità per lavorare da remoto. Con la nuova crisi è diventata un’esigenza: dal 21 febbraio abbiamo preso nuove misure e dal 25-26 febbraio il 100% delle persone hanno avuto le condizioni per lavorare da remoto. O con laptop, o con la possibilità di collegarsi - per chi ha strumenti sofisticati, e software più pesanti e complessi - alla propria workstation dell’ufficio anche dal computer di casa». Da non trascurare per Arup “il tema della sicurezza dei dati” e delle relazioni con gli altri uffici internazionali: «alcuni uffici europei sono stati di supporto, anche inviando alcuni laptop utili» per arrivare a regime e «gli uffici dell’Est del mondo sono stati preziosi per scegliere le misure da intraprendere». L’ufficio rimane disponibile per eventuali necessità, anche solo per recuperare materiale e documentazione. Arup sta ragionando con alcuni clienti sul tema cantieri, sulla necessità o meno di eventuali visite di persona, pur incentivando anche in quel caso le video-conferenze, ma al momento «le risposte sono ragionevoli nel comprendere la situazione che è sicuramente in itinere».

Porte aperte negli uffici One Works, dove sono al lavoro circa il 50% di professionisti che garantiscono la continuità sui progetti in corso, e si arriverà al massimo al 75-80% del team in smart working. «Tecnicamente si può lavorare da remoto per una buona parte delle attività, ma non per tutte – racconta Giulio De Carli, partner One Works – si può portare avanti la parte di gestione e relazione con i clienti, più difficile per la progettazione vera e propria, dove molte attività si fanno in team. Da tempo abbiamo attivato alcune attività di formazione e gestione dello studio, che stiamo sperimentando in uno smart working avanzato, ad esempio sul BIM dove abbiamo collegato una quarantina di professionisti: un bel test di potenzialità che ci tornerà utile nelle prossime settimane». Bilanci precisi non se ne possono fare. «In questo tempo si potrà mettere la testa su questioni di ricerca e sviluppo, approfondimenti che nella vita professionale di tutti i giorni trovano spazio». E nei cantieri? «Non abbiamo sul tavolo progetti immediati, i nostri lavori vedranno la luce intorno al 2021, 2022, quindi non rileviamo allarmi particolari per il momento. Per i cantieri in corso invece già registriamo qualche stop: ci sono contractor che già in questi giorni invocano le cause di forza maggiore e stanno rallentando o sospendendo le attività».

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