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Intervista all’architetto altoatesino che ha progettato la scuola di Sluderno vincitrice della “Menzione d’Onore” alla Festa dell’Architetto

Roland Baldi Architects, quando il concorso è nel dna

di Francesca Fradelloni | pubblicato: 03/02/2021
«Diciamolo, il concorso è la cosa più democratica che c’è nel nostro mestiere»
Roland Baldi
Roland Baldi Architects, quando il concorso è nel dna
«Diciamolo, il concorso è la cosa più democratica che c’è nel nostro mestiere»
Roland Baldi

Sempre con le grandi città al centro della scena, con grattacieli e archistar in vetrina. In questi giorni si parla soprattutto del restyling del Pirellino con la Torre Botanica e il Ponte Serra a Milano. Si parla tanto di quanto verde portare nelle metropoli, di come progettare le città secondo natura e a come essere resilienti in un contesto green. Eppure, c’è chi della sostenibilità ne ha fatto da decenni un linguaggio prevalente. C’è chi, come lo studio Roland Baldi Architects di Bolzano, è da tempo andato nella direzione di un cambio di rotta deciso con la natura e non per la natura. Qui, in Alto Adige è un modo di lavorare che si è diffuso da tempo. È una prassi. Come è una prassi il concorso. Una delle parole che più risuona nel mondo della progettazione. Tra chi da anni e ancora oggi invoca una legge per l’architettura e chi lavora ogni giorno più in generale per affermare la centralità del progetto. I concorsi sono infatti uno dei principali trampolini di lancio per i professionisti del futuro, basta guardare con attenzione gli esiti di alcune competizioni recenti, dove sul primo gradino del podio sono saliti proprio dei giovani professionisti: da Cuneo ad Ancona a Lecce. 

«Per noi non esiste dibattito – racconta sorpreso Roland Baldi – noi siamo uno studio di 6 professionisti che lavorano solo attraverso il concorso», spiega l’architetto. «È da sempre che lavoriamo così, ed è proprio così che da piccoli siamo diventati grandi, perché questo è il modo migliore per assegnare grandi incarichi. Sempre meglio delle gare dove ciò che conta sono i fatturati e non la qualità del progetto. Diciamolo il concorso è la cosa più democratica che c’è nel nostro mestiere». Un mestiere che qui è un mix culturale, un mix che riflette lo studio. «I progetti, la maggior parte dei quali risultato di concorsi vinti, come dicevamo, spaziano da edifici pubblici e privati ad edifici commerciali, all’urbanistica e all’interior design. Tra i progetti più importanti dello studio ci sono il masterplan per la zona Rosenbach (ex-caserma Mignone) a Bolzano, il parco aziendale Syncom a Bressanone, la sede universitaria di Brunico, la centrale per il teleriscaldamento di Chiusa, la funivia di Merano 2000 e la sede della TechnoAlpin a Bolzano», spiega. Molti dei progetti finora realizzati, inoltre, hanno ottenuto premi e riconoscimenti, nazionali e internazionali, e sono stati esposti in diverse mostre (fra le altre: la Biennale di architettura di São Paulo 2012, la Biennale di architettura di Venezia 2006, 2014 e 2018, “Architetture recenti in Alto Adige 2006-2012”, mostra personale alla galleria Prisma a Bolzano 2012, Alpitecture meets biennale 2014, Premio Architettura Città di Oderzo, Premio Architettura Alto Adige 2013, Best architects award 2014, Iconic Award 2014, 2016, 2018, Next landmark 2018).

«Oggi stiamo lavorando a un progetto che riguarda il Centro di protezione civile di Renon. Un progetto che è partito 5 anni fa con un concorso, era una area in pendenza e abbiamo cercato di sfruttare le diverse quote. Si tratta di una casa comune per Vigili del Fuoco, Soccorso Alpino e Croce Bianca agevolando così l’operatività e la collaborazione. Ha una forma semplice e scultorea, crea un contrasto contemporaneo con il linguaggio architettonico e rurale tipico della zona, ma grazie alla sua facciata in cemento armato e al suo colore rossastro, mutuato da quello delle famose piramidi di terra del Renon, si inserisce perfettamente nello scenografico contesto paesaggistico». Ed è infatti nel paesaggio che c’è ricchezza. Ed è proprio qui nel territorio, tra valli e paesi, che una nuova idea di scuola e di spazio si è affermata. Immaginandosela, grazie anche all’architettura, non più solo capace di concentrarsi sul suo compito formativo, ma luogo della comunità, luogo aperto. Anche grazie al riguardo reverenziale per quel miracolo naturale. «Intendere la scuola come presenza sociale e comunitaria, come la scuola per l’infanzia di Sluderno premiata alla recente Festa dell’Architetto con “Menzione d’Onore” nell’ambito del “Premio architetto italiano 2020”», spiega l’architetto. 

Un approccio positivo anche in periodo di Covid, che ha resistito «anche perché tutti i nostri lavori sono di una certa grandezza e ci mettiamo tra i 5 e i 6 anni a realizzarli, quindi l’anno scorso quando è scoppiata la pandemia, erano già in cantiere. Poi certo, bisogna fare i conti con alcuni stop “importanti”, come quello per un grande albergo da 140 stanze, bloccato! Un progetto da 8 milioni di euro», conclude. Senza mai abbandonare la grande vitalità “alpina” che ha scelto soprattutto un approccio declinato al rispetto autentico dell’ambiente. 

In copertina: Centro di protezione civile Renon. © Oskar Da Riz

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Tag: città; concorsi
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