Si chiede sicurezza e uffici flessibili. Criticità: la mancanza di networking e di relazioni tra colleghi

Il futuro del lavoro oltre l’emergenza si chiama coworking

di Francesca Fradelloni | pubblicato: 15/01/2021
Le forme di coworking sono destinate ad aumentare con previsioni di crescita esponenziali: oggi rappresentano il 2% degli uffici, ma entro il 2030 potrebbero arrivare al 30%
Il futuro del lavoro oltre l’emergenza si chiama coworking
Le forme di coworking sono destinate ad aumentare con previsioni di crescita esponenziali: oggi rappresentano il 2% degli uffici, ma entro il 2030 potrebbero arrivare al 30%

Da un lato il Covid, dall’altro imprese e lavoratori. Il modo di lavorare è cambiato e il futuro, oltre l’emergenza, si chiama ufficio flessibile. Stanchi di impegni da remoto e in solitudine, bisognosi di tornare in uffici sicuri e multifunzionali dove praticare il vero smart working, gli uomini e le donne che hanno convissuto con la pandemia, ora desiderano chiudere la porta che divide lo spazio privato da quello pubblico, i luoghi della famiglia da quelli del lavoro. A confermarlo molti studi come “Uffici e luoghi di lavoro: tra lavoro da remoto, smart working e Covid-19” questionario diffuso da Copernico in collaborazione con Progetto CMR nel mese di novembre 2020, nell’ambito dell’iniziativa WorkCare – il progetto che supporta le aziende nel ripensamento dei luoghi e delle modalità di lavoro post Covid19.

Socialità, flessibilità di orari e ambienti, tecnologia ma anche sicurezza e igiene: sono questi i bisogni che emergono dall’indagine. Infatti, le caratteristiche principali dell’ufficio ideale sono, secondo gli intervistati, che sia tecnologico (68%), ma anche attento al benessere e confortevole, funzionale e con spazi ibridi. Accogliente, aperto, condiviso e in connessione con l’esterno, flessibile e sicuro. Dalle risposte all’indagine emerge che le persone che durante il primo lockdown (marzo-maggio 2020) e nei mesi successivi hanno lavorato da remoto hanno sviluppato un forte bisogno di socialità: è stata infatti la mancanza di networking e di relazioni tra colleghi a pesare di più su chi ha lavorato da casa. Molti intervistati hanno espresso il desiderio di avere uffici flessibili nel senso di adattabili in base alla situazione e al compito da svolgere in un determinato momento della giornata. Riguardo ai servizi, quelli più richiesti riguardano la pausa pranzo, come servizi di delivery o locker refrigerati e poi il parcheggio.

Emerge inoltre che molte persone (75%) vorrebbero avere a disposizione delle postazioni di coworking vicino a casa. Questo permetterebbe di alternare giornate in azienda e altre di lavoro da remoto, ma rimanendo in un contesto lavorativo e non domestico, con tutti i vantaggi che ciò comporta (tecnologici, sociali, servizi, logistici…). Ma è soprattutto la sicurezza la caratteristica più ricercata dai lavoratori. Tra le misure più citate ci sono lo screening periodico sulla popolazione aziendale (56%); la possibilità di arieggiare gli ambienti (45%); comunicazione chiara e puntuale da parte dell’azienda su protocolli e procedure e controlli sulla loro applicazione (40%). 
Di conseguenza le forme di coworking sono destinate ad aumentare con previsioni di crescita esponenziali: oggi rappresentano il 2% degli uffici, ma entro il 2030 potrebbero arrivare al 30%. «Il trend era chiaro da tempo, ma la pandemia ha impresso un’accelerata decisiva» spiega Mauro Mordini country manager Italy & Malta di Iwg che poi aggiunge: «Il numero di grandi aziende che sta ripensando la gestione dei propri spazi è enorme. D’altra parte, oggi si pagano spazi lasciati vuoti dall’emergenza sanitaria. Una soluzione flessibile, invece, permette di modulare i costi d’affitto sulle proprie esigenze». E se prima c’era la tendenza a riunire tutti i dipendenti sotto lo stesso tetto adesso è probabile che intorno a una più piccola sede di rappresentanza gravitino diversi strutture “flessibili” alla quali i dipendenti possono liberamente appoggiarsi. Se fino ad oggi l’evoluzione del mercato ha riguardato quasi esclusivamente le grandi città, la spinta a lavorare da casa – o comunque da remoto – ha aperto al cambiamento anche i centri minori, in virtù proprio dell’esigenza dei lavoratori e delle aziende di ridurre gli spostamenti. L’allargamento del raggio d’azione è confermato anche dall’intesa tra Iwg e Bell Group: quest’ultima grazie a un accordo di franchising potrà utilizzare e sfruttare i marchi della prima (Regus, Spaces, HQ e Signature) per aprire 10 nuovi business center tra Como, Varese, Parma, Reggio Emilia e Modena entro il 2026.

Questa necessità di spazi terzi è venuta fuori anche dal recentissimo (pubblicato il 13 gennaio 2021) studio nazionale che ha raccolto le esperienze di 8.049 accademici universitari (49% donne, 51% uomini, età media 51 anni) in tutta Italia tra il 24 luglio e il 24 settembre 2020, quindi al termine della prima ondata pandemica. Questa ricerca è stata portata avanti dal gruppo interdisciplinare del Politecnico di Milano, composto da Gianandrea Ciaramella, Alessandra Migliore e Chiara Tagliaro del dipartimento Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito e da Massimo G. Colombo e Cristina Rossi-Lamastra del dipartimento di Ingegneria Gestionale. L’obiettivo era quello di indagare il Covid-working, vale a dire capire come sono cambiati i modi e i luoghi del lavoro per i professori e ricercatori dell’accademia italiana a causa della pandemia Covid-19. I risultati evidenziano tendenze molto chiare. In primo luogo, i dati mostrano un orientamento generale a impostare le attività di ricerca in modo più individuale rispetto al periodo pre-Covid. Questo si traduce nell’utilizzo, come dicevamo, di spazi terzi come laboratori e biblioteche pubbliche. Tenendo presente che lo spazio per la ricerca scientifica ha una primaria funzione di incontro – programmato o casuale – tra individuo e la collettività sia essa la comunità scientifica, gli studenti, la società. Come sottolinea, infatti, Donatella Sciuto, prorettrice del Politecnico di Milano, la ricerca collaborativa è fondamentale per fare progressi scientifici. Progressi, che in un contesto di scambio, sarebbero più veloci anche nei contesti aziendali, soprattutto per quanto riguarda il clima lavorativo e la coesione dei team. E il clima lavorativo è paragonabile all'ingranaggio di un orologio: perché l'orologio funzioni, occorre che l'ingranaggio, a sua volta, sia efficiente. Idea condivisa anche dall’amministrazione meneghina che ha recentemente investito su due grandi edifici a Corvetto e Bovisa in cui lavoreranno duemila persone. Sarà un progetto di rigenerazione urbana, ma soprattutto sarà una soluzione flessibile visto che parti degli edifici saranno lasciati a coworking per i dipendenti comunali.

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Tag: uffici
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