Dieci anni di attività, equilibrio tra ricerca e professione. Entro il 2016 lo studio arriverà a 20 realizzazioni: case, scuole, uffici, interni e piazze

Deamicisarchitetti: "auto-committenza" e alleanza con impiantisti e strutturisti

di Paola Pierotti | pubblicato: 12/04/2015
"Abbiamo stretto una partnership con due società per proporci come gruppo che fa progettazione integrata. Pensiamo che questa sia la modalità giusta per spenderci sul mercato presentando un’offerta eccellente per architettura, strutture e impianti. “Hub” è la nostra scommessa. Al momento ci stiamo presentando ai fondi immobiliari"
Giacomo De Amicis
Deamicisarchitetti:
"Abbiamo stretto una partnership con due società per proporci come gruppo che fa progettazione integrata. Pensiamo che questa sia la modalità giusta per spenderci sul mercato presentando un’offerta eccellente per architettura, strutture e impianti. “Hub” è la nostra scommessa. Al momento ci stiamo presentando ai fondi immobiliari"
Giacomo De Amicis

Dopo la sfiducia nei concorsi investimento nell’auto-committenza e nel network con ingegneri e impiantisti. Giacomo De Amicis, architetto milanese, classe 1968 ha individuato due strade per bypassare questo tempo di recessione dove la committenza pubblica sembra assente e per accedere ai privati non resta che contare sul passaparola. De Amicis ha iniziato l’attività professionale nel ’94 partecipando a numerosi concorsi e aggiudicandosi diversi premi, ha realizzato numerosi progetti di interni e ha avuto l’occasione di confrontarsi con alcune opere pubbliche: due scuole, edifici per delle cooperative e una piazza a Settimo Milanese nata da un concorso. Dal 2005 ha fondato un’associazione professionale dove nel tempo si sono aggiunti tre soci e quattro collaboratori. Alla vita professionale ha abbinato la ricerca, ha conseguito un dottorato e ora è professore a contratto. Finora ha costruito 13 opere ma altre sette sono in cantiere: obiettivo 20 realizzazioni entro il 2016.

Dieci anni di attività con molte realizzazioni di interni che hanno garantito la continuità del lavoro, qualche concorso e tante case. Per il futuro su cosa state investendo?
Usciamo da un periodo particolarmente vivace sul tema residenziale: abbiamo ultimato una casa privata nel pavese e un lavoro interessante a Saint Moritz, svolto insieme a Ivana Porfiri. Con l’abitare siamo riusciti a stare in piedi in questo periodo particolarmente delicato ma per il futuro stiamo cercando di esplorare ambiti alternativi. Sempre con i privati stiamo cercando altre occasioni. Ora stiamo lavorando ad esempio per ricavare un resort di lusso con piscina, spa e ristorante, all’interno di un casolare a Gavi, in provincia di Alessandria, e siamo stati coinvolti nella ristrutturazione di una fabbrica per la quale ci hanno chiesto sia la riqualificazione architettonica che un lavoro sull'immagine complessiva.
Tutti hanno l’ambizione di far crescere il proprio studio, molti colleghi guardano con interesse all’estero io non lo escludo in partenza ma per ora cerco di promuovermi in Italia con l’auto-committenza. L’estero è interessante se puoi fare cose di grande qualità, altrimenti per iniziative analoghe a quelle italiane non capisco perché guardare oltre.

C’è molta competizione nel mondo della progettazione in Italia, come cercate di distinguervi?
Ci siamo attrezzati per fare cose concrete. Abbiamo acquisito via via nuove professionalità integrando competenze specifiche anche nel campo della costruzione, del cantiere e della gestione dei piani economici. Le nostre realizzazioni sono riconosciute per la qualità architettonica, anche per la qualità nella cura del processo.

L’auto-committenza è una strada che apre alcune porte e più in generale, per le grandi commesse, come pensate di aggredire il mercato?
Recentemente abbiamo stretto un interessante alleanza con altri due studi di ingegneria strutturale e impianti, per proporci come gruppo che fa progettazione integrata. Pensiamo che questa sia la modalità giusta per spenderci sul mercato presentando un’offerta eccellente per architettura, struttura e impianti. “Hub” è la nostra scommessa. Al momento ci stiamo presentando ai fondi immobiliari, stiamo cercando di accreditarci attraverso i nostri contatti, facciamo una sorta di road show, abbiamo optato per una strategia di marketing come si fa più comunemente in altri settori.

E i concorsi?
Ne abbiamo fatti tanti e sono stati utili per metterci in gioco su vari temi di ricerca, ma non hanno portato frutti. Partecipare ai concorsi è una quota di lavoro che si fa a sbalzo e ora appunto abbiamo deciso di sostituire questo investimento con l’auto-committenza, con progetti deliberatamente scelti da noi che proponiamo a referenti privati e pubblici. Non nascondo che anche in questo caso si deve fare i conti con una serie di fallimenti, uno dietro l’altro, ma alcune cose sono andate oltre il concept come è stato per il parco del ciclismo di Settimo arrivato ad un passo dalla realizzazione. Tra i progetti ancora in vita c’è anche la riqualificazione di un centro sportivo dell’associazione Forza e Coraggio.

Per te, che rapporto c’è tra la ricerca e la professione?
All’interno dell’Università ho avviato uno studio sulla Ronda Sud di Milano, ho fatto sviluppare questo tema da alcuni laureandi e l’ho riproposto nel corso del terzo anno e da lì sono nate alcune proposte progettuali interessanti e sto per concludere una pubblicazione su questo tema. Un laboratorio concreto per apportare una riflessione sul più ampio delle periferie, con un carattere operativo che ha trovato applicazione in una scuola dismessa che andrà demolita perché ricoperta di amianto. Ora sto iniziando a lavorare sul tema del riuso.

Qual è secondo te la criticità che più pesa nel mondo della progettazione in Italia?
L'assenza di cultura da parte della committenza. Tutti i giorni il sistema politico ci offre esempi dove pubblico e privato non si avvalgono del progetto architettonico e le leggi vanno in questa direzione: ecco perchè si fanno più appalti integrati che concorsi di progettazione.

Il vostro rapporto con le imprese?
La recente esperienza a Saint Moritz ci ha confermato che alcune finiture di alto livello si riescono ad ottenere solo nel mercato italiano, brianzolo. Abbiamo provato a rivolgerci a squadre svizzere e tedesche ma non siamo riusciti ad ottenere le lavorazioni che avremmo voluto, e sia tornati ai nostri contatti italiani. Più in generale vale anche per le commesse più grandi: in Italia si lavora con qualità e per prodotti customizzati di eccellenza, se devi fare ad esempio una facciata non puoi che rivolgerti a società italiane. Questo per quanto riguarda le aziende, se ci si sposta sulle imprese edili spesso ci si confronta con strutture che sono poco più che prestatori di manodopera ed è difficile trovare società che abbiano al loro interno tecnici di buon livello con cui confrontarsi per l'ingegnerizzazione dei dettagli. Ecco allora che capita spesso siano gli studi di progettazione a dover supplire a questa carenza.

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