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Tre recenti progetti evidenziano l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità

Biella, Brescia e Catania: con l’architettura la provincia si fa green

di Chiara Brivio | pubblicato: 08/08/2020
Attenzione ai materiali, inserimento nell’ambiente, architettura green: sono questi gli elementi che accomunano tre progetti presentati o recentemente ultimati nella provincia italiana. 
Biella, Brescia e Catania: con l’architettura la provincia si fa green
Attenzione ai materiali, inserimento nell’ambiente, architettura green: sono questi gli elementi che accomunano tre progetti presentati o recentemente ultimati nella provincia italiana. 

Attenzione ai materiali, inserimento nell’ambiente, architettura green: sono questi gli elementi che accomunano tre progetti presentati o recentemente ultimati nella provincia italiana. Biella, Berzo Demo (Brescia) e Ramacca (Catania) sono i luoghi oggetto di recenti interventi di riqualificazione o di nuova costruzione, che hanno visto coinvolti studi di architettura locali e attenti alle esigenze e alle specificità di ciascun territorio.

Biella è l’architetto e designer milanese, ma con origini biellesi, Federico Delrosso, ad aver realizzato il recupero di un piccolo rustico sulle colline della città, un intervento commissionato da Alberto Savio, imprenditore tessile della zona. Per la Teca House, questo il nome dato all’edificio recentemente terminato, Delrosso si è ispirato alla Glass House di Philip Johnson, riconvertendo gli 80 mq di superficie in un luogo che il committente ha deciso di restituire alla cittadinanza in qualità di spazio culturale, che potrà ospitare riunioni, cocktail di lavoro, ma anche attività come lettura e lezioni di yoga. Come ha raccontato l’architetto alla presentazione dell’edificio, Teca House è «un progetto molto complesso e sofisticato». Un intervento che si inserisce nel contesto rurale locale attraverso il mantenimento dell’impianto murario originale che diventa il basamento della nuova struttura, che è costruita in calcestruzzo e aperta verso il paesaggio. Il volume è racchiuso in una teca di vetro completamente apribile e che aggiunge altri 50 mq alla superficie. I solai, spessi 40 cm e che si protraggono oltre la teca, sono stati progettati per favorire l’esposizione invernale e, allo stesso tempo, per proteggere da quella estiva. Tra gli altri materiali impiegati in chiave di recupero ci sono, oltre al calcestruzzo per struttura e pavimenti, il multistrato di betulla per arredi e rivestimenti. Telai di 2 cm, doppia camera e vetri performanti si aggiungono alla creazione del comfort ambientale. Un edificio che può così forgiarsi di una classe energetica A4. Un progetto che anche il sindaco di Biella, Claudio Corradino, intervenuto alla conferenza stampa, si augura che possa contribuire al rilancio del territorio e dell’economia locale.

Sempre in chiave di sostenibilità è stato pensato il recupero del rifugio Loa situato a 1.200 metri sulla montagna a nord del comune di Berzo Demo, in Val Camonica, andato distrutto lo scorso gennaio a causa di un incendio. Il progetto, affidato allo studio bresciano ARW – Architectural Research Workshop di Camillo Botticini e Matteo Facchinelli (tra i finalisti anche della seconda edizione di Reinventing Cities a Milano per l’area di Crescenzago), su incarico diretto del Comune, comprenderà una superficie di 340 mq e una ventina di posti letto, per un importo lavori di 600mila euro. Uno studio, ARW, che si distingue per la continua ricerca puntuale legata al paesaggio naturale, che anche in questo caso ha tenuto conto del contesto ambientale – una foresta di pini e betulle e ampi prati verdi – per la progettazione del nuovo volume. «L’idea è quella di sfuggire allo stereotipo della baita – fanno sapere – e di realizzare un edificio iconico che rimandi alla forma del tronco di legno, di un albero scavato da tagli che creano finestre sul paesaggio». Spazio quindi a materiali quali il legno, utilizzato per il rivestimento del basamento e del volume di forma asimmetrica, e la pietra. L’innovazione del progetto sta tuttavia nel modo in cui il rifugio viene concepito nella relazione tra gli spazi interni e quelli esterni, in una commistione tra l’edificio e il paesaggio. Per esempio, nella sala da pranzo-bar gli architetti hanno inserito una grande vetrata che si apre sia sull’esterno che sui livelli superiori, caratterizzati da aperture che permettono di ammirare il paesaggio circostante. È inoltre possibile uscire dal rifugio anche dal primo piano, attraverso una porta collegata direttamente al bosco. Dicembre 2020: la data prevista per l’inizio lavori, in vista della stagione escursionistica del 2021.

Infine, questa volta nel Mezzogiorno, il progetto per il nuovo complesso parrocchiale a Ramacca a carico dello studio siciliano NOWA di Marco Navarra e Maria Giacoma Marino, vincitore di un concorso ad inviti bandito dalla Diocesi di Caltagirone nel 2017 e co-finanziato dalla Cei. Un importo lavori totale che si aggira sui 3 milioni di euro e che va a costruire un nuovo spazio comunitario richiesto ben 10 anni fa dai fedeli dell’omonima parrocchia. Come racconta Navarra, «San Giuseppe è la prima chiesa in Italia costruita in terra cruda e legno. L’obiettivo è quello di costruire un edificio a consumo energetico quasi a zero, attraverso l’utilizzo di energie rinnovabili, come i pannelli fotovoltaici, fonti di energia geotermale, recupero dell’acqua piovana e ventilazione naturale. Tutti aspetti che stiamo approfondendo adesso in fase esecutiva». Un’opera che, oltre agli 800 mq dell’aula liturgica, si estenderà su 2mila mq che comprenderanno le aule per la catechesi, un auditorium, un oratorio, due appartamenti per i sacerdoti, la sede della Caritas e i giardini con le piante sacre nominate nell'Antico e nel Nuovo Testamento. Il progetto, per la parte dell’area liturgica, riprende l’antica struttura delle chiese tradizionali bizantine: realizzato in terra cruda, è come un «animale organico – spiega l'architetto – al quale si appoggiano le cappelle, il battistero e la sacrestia». Dall’altra c’è il tema del recupero dei materiali antichi e del loro ciclo: dalla terra cruda dell’interno si passa alla terracotta della pelle esterna e alla ceramica decorata per la torre di luce, alta quasi 20 metri. Inoltre, per ottenere e mantenere un microclima all’interno della chiesa, soprattutto in estate, i progettisti hanno previsto pareti di 1,20 metri di spessore, con un doppio muro in terra cruda e la carpenteria interna in legno. Ultimo dettaglio: la chiesa è intitolata proprio a San Giuseppe, carpentiere per eccellenza. Anche in questo caso il cantiere dovrebbe partire entro l’anno e concludersi nella prima metà del 2023. 

Immagine di copertina Teca House @Matteo Piazza

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Tag: città; culto
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