Al primo appuntamento del ciclo di incontri promossi dall’associazione dal titolo “Trasformare le città: obiettivo o rischio?” politica e addetti si lavori a confronto

Ance, il futuro della rigenerazione urbana ha regole certe e scelte comuni

di Francesca Fradelloni | pubblicato: 12/10/2020
«Vogliamo operare con semplicità, ma in ambiti definiti. Stop a regole che cambiano a ogni cambiar di Giunte»
Gabriele Buia
Ance, il futuro della rigenerazione urbana ha regole certe e scelte comuni
«Vogliamo operare con semplicità, ma in ambiti definiti. Stop a regole che cambiano a ogni cambiar di Giunte»
Gabriele Buia

Che futuro ha la rigenerazione urbana? Le domanda se l’è posta Gabriele Buia, presidente Ance, al primo appuntamento del ciclo di incontri promossi dall’Associazione dedicati alla rinascita urbana. All’evento, dal titolo “Trasformare le città: obiettivo o rischio?”, hanno preso parte il vicepresidente Ance, Filippo Delle Piane, il vicepresidente Assoimmobiliare, Davide Albertini Petroni, il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini, e parlamentari di maggioranza e opposizione: Luca Briziarelli (Lega), Maurizio Gasparri (Forza Italia), Franco Mirabelli (Partito Democratico), Paola Nugnes (Liberi e Uguali) e Patrizia Terzoni (Movimento 5 Stelle).

Due i punti emersi: regole certe e regole condivise. «Vogliamo operare con semplicità, ma in ambiti definiti. Stop a regole che cambiano a ogni cambiar di Giunte» dice Gabriele Buia, presidente Ance. «Mi chiedo se ogni anno dobbiamo aspettare nuove vittime e contare i danni per accorgerci ancora una volta che non si è fatto nulla per mettere in salvo i territori», commenta. Sono anni che i fondi spesi sono sempre meno. Addirittura nel 2019 sono stati la metà rispetto a quanto annunciato, come certifica la nota di aggiornamento del Def.

«Abbiamo bisogno di un percorso comune, questo non è un tema che riguarda solo gli operatori del settore, ma che interessa da vicino un Paese intero: cittadini, istituzioni, politica», insiste Buia. Rilancio ambientale, economico e sociale dei luoghi in cui viviamo e lavoriamo, utilizzando con efficacia le risorse che l’Europa mette a disposizione, per molti del settore è questa la ricetta. «Su temi di grande rilievo ed emergenza nazionale non sono accettabili rimpalli e ricatti politici: spendere subito quelle risorse, che peraltro sono bloccate da anni, è dovere morale e una responsabilità precisa di chi governa e di chi amministra», dichiara Buia. Si auspica un passo diverso per procedere nel cammino di una rigenerazione urbana. Un cammino condiviso tra gli amministratori e i portatori di interesse. «Che sia chiaro, non vogliamo operare senza regole, ma con regole comuni, precise e non viziate dalla burocrazia», insiste Buia. Stop, quindi, alle problematiche delle politiche urbane a colpi di emendamenti. Si parla di rigenerazione urbana da troppi anni senza andare avanti, accusa.

«Investire in sostenibilità è garanzia di valore per tutti gli operatori, non solo per gli ambientalisti», dichiara Filippo Delle Piane, vicepresidente Ance. «Norme a macchia di leopardo e veti incrociati non ci fanno arrivare da nessuna parte», ripete Delle Piane. «Rigenerare edifici obsoleti e spazi abbandonati è un dovere per migliorare il benessere dei cittadini, ma per farlo bisogna prevedere incentivi e premialità per attrarre gli investitori, che hanno bisogno di regole chiare e tempi certi. Molti dei nostri fabbricati non sono più idonei. I nostri spazi pubblici non sono più fruibili con queste nuove esigenze», ha sottolineato il vicepresidente Assoimmobiliare Davide Albertini Petroni. «Milano e Roma hanno una forte richiesta di abitazioni, non è il Covid con lo smart working che ha sviluppato questa domanda, questi sono fattori che l’hanno solo accelerata. Quindi abbiamo da un lato una domanda del prodotto edilizio, ma solo rigenerando possiamo attrarre capitale e rispondere a queste esigenze, possiamo anche avere accesso a delle risorse pubbliche europee», sostiene Albertini Petroni.

«Sono tre anni che al ministero Infrastrutture si sta provando a riscrivere il testo unico per l’edilizia, ma ancora nulla. C’è un disegno di legge sul consumo del suolo fermo, abbandonato nei cassetti del Dicastero. Ma ancora nessun risultato», precisa Delle Piane. La politica è sotto accusa, ma si tende la mano: bisogna collaborare per arrivare a una visione unitaria. Anche perché, e questo viene sottolineato più volte, bisogna ricreare un rapporto di fiducia tra pubblico e privato.

Preoccupazioni condivise dal vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini. «Siamo l’unico Paese Ocse che non ha un ministero di riferimento che si occupi di aree urbane e i sindaci da soli non ce la fanno. Non hanno le competenze, abbiamo bisogno di rafforzare le strutture comunali, dobbiamo riuscire a mettere insieme le trasformazioni, dovremmo riuscire a intervenire in modo interdisciplinare, tra i saperi. Questi interventi devono essere fatti all’interno delle città proprio sul tema della rigenerazione. Quando parliamo di consumo del suolo, in Italia, parliamo di periferie. È lì che si consuma il suolo. Il mio appello è: lavoriamo tutti insieme e facciamo atterrare le risorse del Recovery dove ce n’è più bisogno, nelle periferie, appunto».

Dalla necessità di riqualificare il patrimonio immobiliare all’uso razionale e responsabile del suolo, fino al recente dl semplificazioni, questi i punti toccati nel dibattito con i parlamentari presenti all’incontro. «I tempi della realtà non sono quelli della politica, ma non per questo si possono affrontare i problemi con colpi di mano. C’è la necessità di un disegno di legge complessivo che incardini le norme sull’uso del suolo con la rigenerazione urbana, perché i due ambiti non possono viaggiare separati», è l’opinione del senatore della Lega Luca Briziarelli.

Sull’articolo 10 del dl semplificazioni è intervenuto il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri: «Un testo terribile, sul quale è necessario rimettere mano subito. È giusto che ci siano zone in cui l’intervento edilizio deve essere più cauto – ha spiegato Gasparri – ma ci sono tante aree di nessun valore che potrebbero essere nettamente migliorate e questo decreto mette dei paletti, limita qualsiasi intervento». Di segno diverso il senatore Franco Mirabelli del Pd: «Non mi ritrovo nella narrazione sull’articolo 10, che prevede che al di fuori delle zone A e dei centri storici diventa sufficiente la Scia per abbattere e ricostruire. Le città sono già cambiate, si apre un processo e noi dobbiamo governarlo: cosa succede se ora si svuotano gli uffici nei centri storici, come cambia il trasporto pubblico, a che punto siamo con l’ efficienza energetica e sulla necessità abitativa a canoni accessibili? O la politica affronta questi tempi “di vita” o non si può parlare di rigenerazione urbana», ha concluso.

«Il dl semplificazioni non è la sede della rigenerazione urbana. L’articolo 10 si occupava solo della semplificazione edilizia e non aveva nulla a che vedere con i piani di recupero dei centri urbani. Il Parlamento sta provando da anni a portare a casa una legge quadro, lasciamolo lavorare. Sono d’accordissimo che non si può fare rigenerazione urbana con emendamenti e neppure a colpi di decreto», ha affermato la senatrice Leu Paola Nugnes. «E ricordiamoci, l’urbanistica è una scienza sociale non è solo costruzione», afferma la senatrice.
Infine la deputata del Movimento 5 stelle Patrizia Terzoni, che si è soffermata in particolare sulla questione superbonus 110%: «Si tratta di una leva importante che va potenziata ampliandolo anche al di là degli edifici privati».

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